Intervista a Ravenom, mastermind di Binaural Silence

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Binaural Silcence è una delle configurazioni più tangibili del poliedrico Ravenom, entità nostrana, prolifica e al contempo criptica che sotto molteplici pseudonimi è attiva da più di un decennio nell'ambito di un ampio spettro di scene musicali, nazionali ed estere, sia come artista che come produttore. Data la recente rivisitazione del suo esordio, il pregevole ep A Cure for the Unknown (2014), nonché alla release del singolo Enemy, ci siamo impegnati in una analisi più approfondita di questa sfuggente figura, nel tentativo di far luce (virtuale) sul decennio trascorso e i tempi che verranno.

(GHST) Salve Ravenom e benvenuto su GothicWorld.it! E' un privilegio poterti puntare addosso i nostri scanner come fossero “un'imitazione vietnamita della copia sudamericana di una Walter PPK”. Cito Neuromancer di William Gibson perché le emanazioni avveniristiche di Binaural Silence tornano a farsi sentire proprio per il settantesimo anniversario di Urania, caposaldo della divulgazione fantascientifica in Italia. E nel caso di questa intervista è cosa ben gradita poterci soffermare proprio sulla realtà del nostro territorio. Da quando hai esordito con l'EP A Cure For The Unknown (2014) ne abbiamo viste di piccole e grandi rivoluzioni, più o meno fantascientifiche, più o meno distopiche, tutte più o meno pronosticate da questo genere letterario a noi tanto caro. Dopo otto anni di narrazione sonora e due di silenzio, il tuo nuovo singolo Enemy giunge alle porte in concomitanza a eventi globali particolarmente inquietanti. Come ha trascorso Ravenom questi due anni di incertezze e reclusione?

(Ravenom) Grazie per lo spazio concessomi innanzitutto, è glorificante notare che qualcuno possa interessarsi alla mia proposta! Tornando alla domanda: cosa ho fatto in questi ultimi due anni? Bella domanda…diciamo che, oltre a navigare ancor di più in dubbi e incertezze non necessariamente legate a progetti di natura musicale, ho cercato di capire quale direzione fosse più opportuna da dare al progetto in oggetto, vale a dire Binaural Silence. Anzi, i miei progetti, dato che sono attivo su più fronti musicali. Mi piace variare sul mettermi in gioco, in qualunque genere di musica che sento affine in quel preciso momento. Secondo te, ci sono riuscito? …nì! Nel senso che poi, giusto poche settimane fa, ho realizzato di dover far prevalere l’istinto su ogni cosa e quindi proporre le cose come ho sempre fatto, esattamente come gli altri progetti in cui mi diverto a tirar fuori qualcosa. Lo scarso successo “commerciale” (da notare le virgolette) e di pubblico a volte mi han fatto dubitare circa la qualità della mia stessa proposta: voglio dire, modestamente mi rendo conto di avere un’attitudine abbastanza sperimentale ai suoni se non proprio alla proposta musicale in toto, però negli anni ho ricevuto batoste (da leggersi come “etichette che ti han sempre sbattuto la porta in faccia con le scuse più assurde o addirittura veementi”) tali che…giuro, ho annunciato diverse volte lo scioglimento del progetto per poi dichiarare il contrario poco tempo dopo però, giuro, non sono pazzo hahaha! No davvero, recentemente sono arrivato a un punto in cui mi sono detto “Ok, ma tanto se già ipoteticamente faccio già schifo, allora tanto vale continuare a farlo, così almeno sono coerente!”. Ovviamente leggi tutto con ironia, dato che il senso originale sarebbe “Resterò fedele a me stesso, e che si fotta il resto!”. Perciò rieccomi qui: Ravenom è tornato, e con esso Binaural Silence.

(GHST) La nuova traccia ci morde subito con liriche tematicamente attuali disposte su un tappeto musicale di tensione dinamica. Quanto dei "tempi interessanti" in cui stiamo vivendo ha influito sull'evoluzione del tuo progetto e in che modo?

(Ravenom) Moltissimo. La musica che creo, e con essa i testi, si basano profondamente sull’analisi della società che viviamo. Sai, onestamente nella vita ho quasi sempre rivestito il ruolo dell’emarginato, e per di più senza che mi venisse mai fornita alcuna spiegazione in merito a tale trattamento. Ho vissuto in prima persona il bullismo, la discriminazione, la presa in giro. Ovviamente, mica evitavo di reagire, anzi negli anni sono divenuto via via sempre più impulsivo, una impulsività decisamente negativa. Alla fine ho optato per sfogare tutto ciò in altri modi, altrimenti credo che ora molto probabilmente sarei in carcere, credo…credimi se ti dico che ne ho vissute davvero tante sulle mia pelle… Tornando al nuovo singolo, esso nasce dalla mia frustrazione emotiva nel non riuscire a capire le ragioni dell’attuale situazione in Est Europa. Per di più, quel che poco che ci viene davvero concesso di capire, viene poi annegato dalla propaganda in entrambi i sensi. In pratica, il testo è quello di un Socrate incazzato, in qualche modo: lui sapeva di non sapere, ma Ravenom rispetto a Socrate è incazzato per non avere diritto al vero sapere…è leggermente diverso. Quando non si sa però, orgogliosi o meno di tale fattore, l’unica azione degna di rispetto è quella del silenzio. Tale regola ovviamente non vale per l’uomo medio nostrano (ma anche estero): basta sapere poco e nulla per autoerigersi al ruolo di esperto conoscitore di politica internazionale, oppure di qualsiasi altra materia di studio oggetto del momento, la quale ovviamente richiede anni e anni di investimenti e perfezionamenti, mentre per costui basta un telegiornale e una sana dose di cinismo quotidiano indotto tramite antenna. “Che bello!” “Enemy” si basa sul concetto del nemico in senso totale, per un pezzo che non prende nessuna posizione, anzi condanna un atteggiamento univoco: << Whatever it costs, whatever it means, we'll always be on the right side of society. >> Ovvero, la volontà di creder di esser sempre nel giusto. E questo vale per qualsiasi tipo di conflitto, non necessariamente di tipo bellico. Ma tutto il testo è pervaso dal medesimo concetto espresso in più frasi apparentemente differenti. Per quanto mi riguarda, non mi schiero da nessuna delle due parti (anche perché, tanto cinicamente quanto realisticamente, tutto ciò è successo non certo per colpa del sottoscritto…e scusa se mi permetto): semmai, potrei essere unicamente a favore di tutte le vittime innocenti di questo e tanti altri conflitti, che magari han perso la casa, o addirittura la vita. O magari sono in prigione per aver manifestato dissenso. In ambito bellico non vi è mai un vero vincitore, solo vittime da entrambe le parti. Mai abbracciato il positivismo, semmai preferisco analizzare la realtà e restare concentrato nel capire come sopravvivere ad essa.

(GHST) Nel corso degli anni le tue release hanno a volte anticipato future uscite poi mai pubblicate. Ci sono stati incidenti di percorso, cambi di direzione, di idee?

(Ravenom) Tutto ciò e il contrario di tutto. Prima di ogni disco ho sempre pubblicato un EP, giusto per tastare il territorio a livello sia di pubblico che di etichette: ora non fraintendermi, perché non dico che voglia arricchirmi facendo musica (anche se non mi dispiacerebbe, però dovrei dapprima cambiare genere musicale), ma in entrambi i sensi le risposte sono state ampiamente demoralizzanti. Ogni progetto è stato quasi ‘troncato’ nel mezzo principalmente a causa della poca reazione esterna. Inviavo demo e promo ai portali specializzati, ma a conti fatti nulla di nulla! Stessa cosa dicasi per le etichette, dove purtroppo la reazione è stata decisamente peggiore e, a tratti, persino offensiva. Nel caso avessi inviato ai diretti interessati una minaccia di hacking in caso di mancata pubblicazione avrei pure potuto capire cotanta smisuratezza (e in tal senso smetterebbe persino di essere tale), ma fin quando mi sto limitando nell’inviare un semplice archivio scaricabile…beh, davvero non ne capisco il senso. Tornando al concetto base, per me la musica è comunicazione prima ancor che mercato e, se viene a mancare proprio questa sua caratteristica per me fondamentale sopra ogni altra cosa, allora me ne ricado in paranoia allo scopo di cercare di capire come e cosa sia successo. Il brano “Anatomy of a Paranoid” (contenuto nel secondo EP e denominato “Play My Role” nel primissimo EP) parla proprio di questo: ironizzai cinicamente su me stesso, sin dagli esordi! Il fattore esterno che ho citato però, mi ha anche spinto a tentare nuove strade: l’EP “Lives Under Influence” ad esempio è puro Futurepop, con un suono estremamente melodico e meno oscuro…a conti fatti poi non l’ho sentito mio, però sono comunque orgoglioso di averlo tirato fuori, perché mi sono pur sempre messo alla prova! E il debutto vero e proprio, il quale me lo porto dietro da anni sotto il nome di “Architextures” in tempi più recenti e, in precedenza, come “Drones”, finalmente uscirà: certo, alla fine ho optato per un nome che mi pare il più spontaneo possibile (sai, dopo tanti anni e una vita abbastanza travagliata, cambiano gli stati d’animo e tutto ciò che ne consegue), però uscirà. Nello specifico, “Drones” non uscì più (annunciato nell’EP “Vortex” del 2016 proprio sulla copertina…) perché lo sentivo a mio modo ‘scollegato’ dal resto dei brani che avevo creato…e “Drones” avrebbe dovuto essere un concept album, il che era un bel problema! Questi brani però, finiranno poi nell’EP “Fake Lights To A Wrong Way” (siete i primi a cui lo rivelo), pubblicato l’anno successivo. Il titolo stesso di quest’ultimo è sia una caricatura in merito alla natura umana, ma anche a me stesso, convinto di aver trovato finalmente la vita verso l’agognato (per me) full length debutto e poi…e nulla, prima il vuoto cosmico attorno e poi pure i miei testi non più in linea col concept iniziale! Adoro prendermi in giro come vedi, hahaha! “Architextures” invece, l’ho col senno di poi completamente accantonato a causa della sua natura Futurepop, che come ho già detto sentivo poco mia…il disco avrà anche la stessa copertina di base rispetto a quella già mostrata in merito a quest’ultimo, cambierà solo qualche dettaglio e, ovviamente, il titolo (il quale è ampiamente deciso, ma che per ora mantengo ancora segreto).

(GHST) I fruitori più avvezzi ai social (e con buona memoria) ricorderanno qualche critica un po' più aspra riguardo alla coerenza musicale del progetto. In termini di mera "estetica" c'è da considerare che un orecchio più superficiale possa a volte confondere contenuto e aspetto. Tuttavia, ritieni che il vincolo alla coerenza di forma possa essere per un artista un valore aggiunto o piuttosto un limite?

(Ravenom) Valore aggiunto, senza ombra di dubbio! L’arte è un qualcosa di intimo, di personale, pertanto rinchiuderla all’interno delle solite, sterili mura predefinite da chissà quale legge non scritta è un male assoluto, oserei dire! Riguardo le critiche, me lo ricordo bene: a causa della mancata pubblicazione di “Drones”, qualcuno pensò bene di rivolgermi qualche insulto dandomi dello psicopatico…ma dico, sarebbero pure fatti miei o no?! Alla fine il mio lo considero un progetto indipendente, dove non devo dar conto a nessuno, anche considerando che per adesso non ho alcuna etichetta a cui dare conto in termini di scadenze o roba simile. Voglio fare qualcosa? Lo faccio. Non voglio più? Non lo faccio. Voglio cambiarne i connotati? Lo faccio. Non mi soddisfa come sta procedendo la cosa? Mi blocco e cerco di creare altro. E’ questa la mia linea di ragionamento, la unica e sola. Esser circondato da gente che magari, nell’ipotetico, sia così affezionata a quel che faccio da risultarne delusa se poi non pubblico qualcosa già annunciato in precedenza mi potrebbe lusingare ma, essendo realista, temo fosse solo qualcuno non molto a posto con la testa! Però in grado di demoralizzarmi lo stesso, in ogni caso, soprattutto se a lungo andare.

(GHST) Tra gli intrighi dei cavi e la luce bluastra dei monitor, nel tuo processo compositivo come avvengono le nozze chimiche tra analogico e digitale? Sono due realtà che riescono a coesistere in modo paritario e soddisfacente?

(Ravenom) Mi costringi a scrivere un papiro, non voglio ammorbare nessuno: guarda un po’, sono ancora alla quinta domanda e ho già scritto un bordello di parole! Ironia a parte, adoro l’imprevedibilità dell’analogico, quella sfumatura che risponde in parte alle non-leggi del caos e che, anarchicamente, aggiunge o toglie qualcosa rispetto a quella che è la legge di funzionamento regolarmente prevista. Nel digitale tutto questo non c’è essendo di natura stessa un mondo freddamente calcolato, frutto di precise regole comportamentali tanto pratiche e frutto di sicure garanzie che, quando sfuggono alla regola del codice binario e della stringa di comando, portano inevitabilmente al crash! Certo, ormai siamo al cospetto di simulazioni sempre più raffinate e costose in termini di mantenimento energetico (hardware della workstation), un “Virtual Analog” che non ci fa più distinguere hardware da software…è un bene (soprattutto a livello di spazio) ma, appunto, manca sempre quel feeling polveroso del cavo, spesso rumoroso, e che spesso e volentieri scopri che nemmeno funziona bene una volta collegato!! Sapessi quante volte mi è capitato…magari pestandolo l’avevo spezzato dall’interno e dall’esterno non si notava. L’equilibrio fra queste due soluzioni ugualmente valida sta in un mix di approccio, quantità di tempo libero (non sempre ampio, ma necessario per sperimentare come si deve) e praticità, mentre il resto è pratica. Di mio, sono sempre propenso a provare (e, a volte, accumulare per poi rivendere) compulsivamente pedali di distorsione: in particolare, ho un feticismo innato per quelli economici, spesso bruttini. La distorsione è essenza del mondo ‘industriale’ o generalmente più aggressivo di concepire la musica, e se aggiunta ad un suono pulito, può donare al suono originario un linguaggio nuovo, spesso tendente al vaffanculo più sfrenato, ma anche al semplice ruggito rabbioso quando la distorsione viene sapientemente dosata. Ed è da qui che nasce l’esigenza di provare ogni tipo di pedale possibile, perché spesso dal peggio ho tirato fuori il meglio, e quel meglio significava sorpresa. La distorsione, insomma, potrebbe anche far bestemmiare gli angeli! Pensa a un “Amen” ascoltato pulito, oppure allo stesso se passato attraverso una valvola o un pedale Rat: nel secondo caso si presta meglio ad uno scenario ipoteticamente apocalittico e quell’ ”Amen”, che in preghiera richiude un discorso di speranza con colui che si crede il proprio Dio, diviene immediatamente un qualcosa di sinistro. Distorco veramente di tutto con i miei pedalini hardware, anche i suoni generalmente prodotti da un plug-in: il trucco sta nel far entrare il suono in uscita all’interno della scheda audio stesso, utilizzando al contempo uno splitter che ti permetta di utilizzare comunque delle cuffie e monitorare così la situazione! E’ il mio stile. Ma a volte semplicemente utilizzo un pedale in formato plug-in e sto in pace lo stesso, dipende dal feeling del momento. Non importa comunque quello che usi, basta che tu ci metta del proprio: avere fra le mani un bel cassone vintage oppure un softsynth gratuito per me ad esempio fa poca differenza, perché basta trovare un appoggio con ciò che cerco e inevitabilmente ottengo dei risultati. Magari non in tempi brevi, ma li ottengo e questo ciò che personalmente conta.

(GHST) Pensi che il beat elettronico di matrice industriale attinga automaticamente da un immaginario collettivo ben definito fatto di slogan, protesta e resistenza, tipici cliché tematici di una certa offerta musicale o possa essere ormai accomunato a temi meno isterici, più personali, vari, non necessariamente più leggeri o meno importanti?

(Ravenom) Adoro il mondo del beat elettronico, del punk elettronico se vogliamo, proprio per la sua iconografia di resistenza, la sua attitudine socialmente impegnata e la voglia innata di rompere le regole del conformismo. Giura fedeltà ai principi, pur cambiando le carte in tavola. Questa è l’Arte, con la maiuscola che non è un caso. E’ una situazione attitudinale che ho poi ritrovato in molte band non necessariamente attinenti al mondo strettamente gothic, come ad esempio Chemical Brothers (il rock suonato senza classici strumenti rock) e The Prodigy (mio vero punto di riferimento, il punk rock suonato senza i classici strumenti da punk rock ma mantenendo intatti i feeling di violenza, urgenza e pericolosità), dove vari echi industriali risuonano un po’ ovunque. Il feeling industriale, esattamente come il punk, è accomunato dall’urgenza espressiva, e questa ha numerose sfumature a seconda del tema trattato: per farti un esempio, se vorrai dire a una donna che la ami in chiave industrial, di sicuro doserai le emozioni, l’acidità e la carica elettrica. Se vuoi dirle che vorresti solamente scopartela invece, allora stai certo che quel che ne verrà fuori sarà un beat annichilente, e la dose di elettricità ne risentirà in maniera esattamente proporzionale al sudore emanato! Chi vuol capire capisca…

(GHST) E a proposito di isteria, a breve dalla pubblicazione del singolo si è già levata una certa polemica riguardo al tempismo con cui la tua lingua batte dove il dente duole. Viviamo forse in un'epoca eccessivamente e inutilmente suscettibile nei confronti della schiettezza che ha caratterizzato da sempre l'approccio alla realtà di generi musicali meno popolari, meno patinati, più veri?

(Ravenom) Ci hai preso appieno! Voglio dire…è assurdo. E ciò purtroppo è una caratteristica che va ben oltre i social network. Provo a spiegarmi: poche ore dopo la pubblicazione di quello che alla fine era solo un misero brano da Signor Nessuno (diciamoci la verità), ho ricevuto critiche che personalmente reputo abbastanza pesanti da parte di persone che credevo amiche, le quali hanno supposto che stessi provando “a far profitto alle spalle di una tragedia”. Non che la cosa mi tangesse più di tanto in realtà, ma sulle prime mi aveva davvero disgustato ad essere sincero. E’ una critica incoerente. Tecnicamente sarei un artista, e un artista logicamente è ispirato da quello che vede attorno. Cosa significherebbe “strumentalizzare le tragedie”? Abbiamo legioni di band, di qualsiasi genere, che a questo punto hanno “campato sulle tragedie del genere umano” da sempre allora? Per lo stesso ragionamento, allora devo dedurre che nel mondo della musica abbiamo pezzi storici che hanno “tratto profitto” dal medesimo atteggiamento, vero? Comunque ho dato il ben per servito a questa gente: ora il singolo è caratterizzato dall’opzione “Name your price” su Bandcamp per cui, se proprio qualcuno volesse “finanziare la mia speculazione sulle tragedie”, lo fa unicamente per sua iniziativa. L’alternativa è che il pezzo chiunque se lo potrebbe scaricare gratis, basta inserire zero ed è fatta! Alla faccia loro (non di chi scarica, bensì di chi osa lanciarmi accuse del genere). La sfumatura più disgustosa è che tutto ciò è avvenuto mentre quel giorno, a livello mondiale, si celebrava il Bandcamp Friday per il mese di Marzo. Ma ormai non fa nulla, per quanto mi riguarda ho risolto. Sono un compositore di musica, non mi schiero quasi mai per natura se non dalla parte dei deboli a prescindere, però non sono mai stato in prima persona una raccolta fondi oppure un’associazione umanitaria, e scusami l’apparente freddezza (le mie donazioni le faccio in privato, , come la maggior parte di noi)! Così come me, non lo sono anche quasi tutti gli altri del mio rango (e persino quelli più talentuosi di me, che sono troppi, avrei da aggiungere), per cui perché dovrei “vergognarmene”? Come se di colpo nemmeno noi dovessimo più pagare cibo e bollette! Strano, eppure la benzina al rincaro l’abbiamo subita tutti… I social network hanno colpevolmente reso molti esseri umani più vicini al loro vuoto esistenziale, ai loro lati peggiori, creando conflitti basati su successi e vicissitudini altrui vissuti/e con invidia, mettendo sullo stesso piano opinioni autorevoli e opinioni dell’uomo senz’alcuna cultura di qualsiasi tipo (umana, soprattutto), incrementando l’apatia verso il sociale a causa del perenne conflitto di fonti d’informazione spesso contrarie, rendendo grandi cose che concettualmente restano piccole. Hanno cancellato la memoria, il senso della misura e ci hanno spesso reso falsi e rabbiosi. Ci facciamo del male ogni giorno, sia a noi che a chi ci sta attorno, senza che nessuno se ne renda mai conto, perché ormai è la quotidiana normalità…per stemperare la tensione, ti dico che per fortuna sul mio profilo personale condivido perlopiù solo cazzate e freddure varie, per cui male che va sto offrendo solo una risata hahahaha! Perdonami se qui mi sono dilungato particolarmente, devo ringraziarti per avermi permesso di sfogarmi a riguardo. Sinceramente grazie.

(GHST) Sul profilo artistico troveresti più congeniale far parte di una vera e propria scena musicale o funzioni meglio come cellula scissa, organismo autonomo e indipendente?

(Ravenom) Non saprei, a me basta che un eventuale pubblico capisca il mio messaggio e che sia anche solo vagamente affine ai principi secondo cui faccio rumore! Esser circondato da menti affini a livello artistico per me è una cosa fondamentale, ma fa poca differenza se costoro siano poi parte del pubblico o dei musicisti. Vengo dal punk, e lì fra pubblico e musicisti vi è sempre zero differenza…

(GHST) Da dove scaturiscono le radici dell'albero filogenetico di Binaural Silence? Esiste il ricordo di un album, un brano, un suono che ha piantato il seme di ciò che possiamo ammirare oggi nella sua forma più compiuta?

(Ravenom) “God”. Iniziò tutto da lì: il primo brano effettivo, intro esclusa, del primo EP. Non lo inserì a caso in tale posizione, ormai quasi otto anni fa. Fu creato per puro caso, e nello specifico era una nuova versione di un brano che avevo creato in precedenza la settimana precedente rispetto ad allora. Fu lì che cominciai a sperimentare coi distorsori applicati ai suoni di sintesi elettronica, e quello che cominciò a uscir fuori mi stupì. Pensai immediatamente: “Sì! E’ questo ciò che voglio creare davvero!”. Le mie ispirazioni iniziali erano Covenant, Assemblage 23 e primi VNV Nation. Ma poi, con gli anni, ho trovato una mia strada ai suoni e alla composizione. E’ il mio linguaggio, la mia attitudine.

(GHST) Cosa annoveri invece tra le tue influenze più recenti, musicali e non?

(Ravenom) Leggo molto, sia che si tratti di opere letterarie (soprattutto di stampo Cyberpunk) che analitiche, sia di fumetti che raccolte di barzellette. Mi ispira molto di più la parte scritta altrui che quella suonata, perché il resto puoi immaginarlo. La musica è un linguaggio che già pratico, per cui trarne eccessive influenze potrebbe essermi di svantaggio (dico potrebbe, eh), così prediligo lasciarmi trascinare da un testo, da delle parole, da un dipinto, per poi ‘dipingerne il paesaggio attorno’ tramite il pennello delle sette note. Anche nei vecchi videogiochi è esattamente così, e non per nulla sono un fiero Retrogamer. Tutto fa brodo. Musicalmente ti citerei roba molto lontana dai classici stili gotici, ma che comunque ha significato moltissimo per far capire in primis a me stesso “chi sono” quando entro nel mondo delle frequenze e degli intervalli, come ad esempio Author & Punisher. Tristan Shone (la mentre dietro tale progetto) è un genio! E’ stato addirittura capace di creare degli strumenti per sua mano, completamente assurdi, che gli permettono di creare beat assurdi e sonorità incredibili. Tecnicamente usa definirsi Industrial Doom Metal, ma a conti fatti abbraccia un po’ di tutto. E’ questa l’attitudine che più amo nella musica. Nel mondo del gothic e della Electronic Body Music più classica tale progetto spesso è stato oggetto di scherno, utilizzando la solita frase “è solo schifoso metal estremo spacciato per elettronica”. Dinanzi a tal genere di affermazioni non so mai cosa dire…però credo che in generale si pensi sempre più al “concetto”, piuttosto che alla forma. Dove sta scritto che io per essere definito ‘Industrial’ debba per forza utilizzare un beat con cassa in battere in 4/4? Oppure il classico drumkit con rullante a tono ‘metallico’, su cui poi far ‘rimbalzare’ i soliti bassi basati sull’onda Sawtooth/a dente di sega? Questi luoghi comuni non li capirò mai. I confini uccidono la libertà. Sono stupidi preconcetti fatti unicamente per darsi un tono elitario, a mio avviso. Io adoro tutta l’arte, basta che sia sincera. Vado da Frank Sinatra ai Front 242, da Lucio Battisti ai Morbid Angel, dai Clan of Xymox ai Mayhem. Del resto chissene. Comunque, fra i miei riferimenti musicali vi sono Alec Empire, Johnny Rotten, Lemmy Kilmister, Alice Cooper, Quorthon, i Black Sabbath tutti così come i Black Flag storici, Rudy Ratzinger, Jello Biafra, i nostrani Negazione, Trent Reznor, Milo Aukerman, senza dimenticare Dee Snider dei Twisted Sister, che per me rappresenta una specie di icona attitudinale. Insomma, spazio parecchio fra i generi. A livello prettamente testuale, adoro quanto espresso da Ronan Harris dei VNV Nation, pura poesia. Avrò sicuramente dimenticato qualcuno o qualcosa ma fa nulla, alla fine non è una lista della spesa anche se alla fine comunque ci si avvicina hahahaha!

(GHST) In questa epoca di detersioni maniacali, sanificazioni obbligatorie, 4K e produzioni patinatissime, trovo discordante che tanta pulizia venga spesso fruita in mono su mezzi d'ascolto che in altri tempi sarebbero stati considerati quasi di fortuna. La tua musica nasce per esser esperita in primis a volumi sostenuti, su una pista da ballo, o magari dal vivo? Oppure in un contesto più intimo e riflessivo?

(Ravenom) Guarda, permettimi innanzitutto una considerazione piuttosto acida basata sull’attualità: oggi è già un miracolo se qualcuno ascolti la tua di musica, nel contesto della saturazione musicale odierna! La bassa qualità dei supporti però, effettivamente è in netto contrasto rispetto ai budget assurdi riversati per le produzioni musicali, o almeno quelle che ancora si possono definire tali (tipicamente roba mainstream) . Chiariamo una seconda cosa poi: oggi, ai cosiddetti alti livelli, produrre roba plasticosa e senz’anima costa molto di meno rispetto al passato (grazie a plug-in sempre più performanti e dal costo sempre più basso), perché la quota maggiore del budget viene riversata nella campagna pubblicitaria e tutto ciò che concerne questo aspetto senza più primario rispetto alla sostanza della musica stessa. Perdonami le brutali precisazioni: ormai si è abbondantemente capito come il sottoscritto soffra della sindrome del precisino, essendo un cinico analista della realtà nelle sue sfaccettature. Tornando al concetto della domanda, credo che Binaural Silence si adatti più ad un contesto di ascolto riflessivo, sebbene alcuni ritmi ballabili non manchino di certo. Ed è questo il punto: io non voglio che la gente balli e basta con la ciò che assemblo, bensì vorrei che faccia headbanging, pogo, casino, sfascio (positivo)! Se ci pensi, i beat più ballabili da me creati hanno tutti un feeling abbastanza violento escludendo ovviamente la fase Futurepop, ed è per questo che ho poi deciso di abbandonarla. Penso ad esempio al pezzo “Codified”, presente nel secondo EP; il testo poi, è una presa in giro verso coloro che credono che per essere ‘veramente Industrial’ (fu un amico a ispirarmi questa stronzata, hahaha) sia necessario aderire alla massa dei cosiddetti ‘fattoni’, a mo’ di produzione in serie di un unico stereotipo di pubblico…la mia è una musica che vive di perenni contrasti, spesso dietro un’apparente oscurità sonora vi è un testo decisamente “fanculista”, quasi scanzonato; come ad esempio nel brano “Negative Mirrors”, dove ho usato anche il pitch in stile ‘Chipmunks’ su uno dei cori.

(GHST) Hai un monito per chi ti ha scoperto recentemente o per chi ti segue da un po' su Bandcamp? Qualcosa che vuoi consegnare a noi tramite questo canale?

(Ravenom) Mmmh…ma sì. Da me non saprete mai davvero cosa aspettarvi, magari un giorno creerò il primo brano Industrial Reggae! No dai, scherzo. O forse no. Comunque: meno vita su internet e più vita reale. More reality, less Cyberpunk! La pandemia e il relativo isolamento sociale altro non ci hanno insegnato. Fidatevi di una persona spesso costretta a restare chiusa in casa per motivi di salute ossea. Volendovi consegnare una esclusiva, sappiate che il probabile titolo del ‘full length’ vero e proprio avrà a che fare col caos. Un caos a suo modo perfetto, ma che pur sempre imperfetto caos rimane. Che è anche un po’ la mia natura. Ma è ancora tutto da decidere e la strada è ancora lunga. Grazie davvero dello spazio concessomi. Mi ha permesso finalmente di sfogarmi un bel po’…

(GHST) Grazie a te per esserti fermato un attimo e aver assunto una forma così tangibile ed esplicativa e averci mostrato il tuo aspetto umano. Lasciamo un canale aperto in attesa delle future manifestazioni di Ravenom e Binaural Silence. Che tempi interessanti!