Il libro inizia con un bellissimo bestiario illustrato in cui vengono presentati e descritti in breve tutte le creature e le entità che saranno presenti nei vari racconti: venti, uno per ogni regione italiana.
Subito dopo troviamo una prefazione a cura di Lavinia Pinello che espone lo scopo della raccolta, ne riassume le tematiche più importanti e spiega perché, anche se può sembrare che ci sia un oceano di differenza tra il folclore del nord, del centro e quello del sud, in realtà c'è un qualcosa che accomuna tutte le leggende, separandole al tempo stesso da quelle degli altri Stati europei: l'ambivalenza delle streghe, che possono essere contemporaneamente sia buone che cattive; la dispettosità di molte creature, più spiritelli pericolosi che lugubri fantasmi in caccia di anime e carne umana.
Iniziano poi i racconti, in ordine sparso (non si segue né un ordine geografico né di nuclei tematici), che hanno come protagonisti Benandanti, Lupi Ominari e Lengheli (giusto per citarne una manciata), fino a scomodare i vampiri e Satana in persona.
I testi sono tutti molto ben scritti, e alcuni alzano ancora il livello grazie alle penne di raro talento come quelle di Luigi De Pascalis e Andrea Berneschi, autori tra l'altro noti per i loro romanzi storici (il primo) e horror (il secondo).
Le storie, diversissime per genere (vanno da un horror carnale a splatter a un fantastico quasi favolistico), sono quasi sempre ambientate nell'Alto Medioevo, ma ci sono più di un caso in cui l'ambientazione si sposta nell'età rinascimentale, fino ad arrivare persino all'ottocento.
Parlare dello stile di una raccolta che raccoglie venti firme diverse è molto difficile, ma bisogna riconoscere che i curatori della raccolta sono stati molto bravi a cercare tutti autori dallo stile e dal temperamento unico e peculiare: dalla ironia mordente di Mauro Longo alle malinconiche riflessioni di Caterina Armentano si fa fatica a trovare un racconto che non si faccia ricordare con un sorriso o il bruciore agli occhi.
La raccolta infine si chiude con una postfazione a cura di un'altra Lavinia, Scolari e non Pinello che invece ha scritto la prefazione, che in sostanza ricalca le informazioni fornite già dalla suo omonima quasi senza aggiungere nulla di significativo.
I pregi del volume sono senza alcun dubbio la qualità dei racconti e l'idea stessa della raccolta, valori che difficilmente possono essere messi in discussione.
Passando invece alle pecche, secondo me la scelta di inserire a inizio volume sia il bestiario che una corposa prefazione arrivando a far iniziare i racconti a pagina 75 è stata un'idea un po' infelice, anche perché come già detto prima non si sente la necessità di avere sia una prefazione che una postfazione che, a livello contenutistico, differenziano di pochissimo.
In ogni caso questo è uno dei pochi libri di narrativa che merita di essere acquistato e custodito non solo per la bellezza delle sue storie ma anche per l'immenso valore testimoniale e culturale di cui si fa vettore.
Consiglio l'acquisto a tutti gli appassionati di folclore italiano, ma anche e soprattutto a chi ne è digiuno: dopo la lettura si sentirà senz'altro arricchito e riuscirà a vedere un'unità nazionale più profonda e più sana di quella che, soprattutto oggi, viene promulgata da certi sedicenti scrittori e da una parte dell'elite culturale e politica che popola lo stivale.
- Voto: 9