Dopo la possessione Mia viene accettata dal gruppo, che decide di organizzare un'altra seduta il giorno dopo a casa di Jade. La notte però Riley, sconvolto e impaurito da ciò che ha visto prima, cerca conforto in Mia, che lo rassicura e i due si addormentano insieme nel letto della ragazza.
La sera dopo il gruppo si riunisce e durante la festa si susseguono sedute su sedute, mentre i ragazzi bevono e si divertono. Però quando Riley vuole provare a stringere la mano la sorella glielo impedisce, dicendogli che è ancora troppo piccolo (il ragazzo ha intorno ai quattordici anni); nella seduta successiva però lo spirito che alberga Mia inizia a rivelare dei segreti su Jade fino a che la ragazza non lascia la sala sconvolta.
A quel punto Riley fa leva su Mia per farsi dare il permesso di fare un'evocazione anche lui e la ragazza acconsente.
Però lo spirito che alberga Riley si rivelerà essere la madre di Mia e, per non lasciarla andare, la ragazza protrarrà troppo la seduta, fino a che lo spirito non porterà il ragazzino a cercare di suicidarsi, arrivando a ferirsi seriamente e interrompendo la festa per portare il ragazzo in ospedale.
Da lì in poi la storia precipita sempre di più: Sue e Jade danno la colpa di ciò che è successo a Mia, mentre quest'ultima viene perseguitata dallo spirito della madre che la incoraggia a uccidere il ragazzino per liberarlo dal limbo in cui abitano le anime di coloro che sono morti sotto l'influsso della mano diabolica.
Nel finale la ragazza dovrà scegliere se confidare nelle parole della madre o se sperare che il ragazzo possa in qualche modo tornare a vivere superando le ferite e lo shock della possessione.
L'idea alla base del film non è affatto male, anzi, risulta una rilettura del genere possessione\evocazione che ha generato pellicole molto valide da L'Esorcista alla saga di The Nun.
Sfortunatamente però il film risente pesantemente di una scrittura e una recitazione, purtroppo, non all'altezza: i dialoghi sono scialbi e insipidi, come anche il comportamento dei personaggi. Gli unici attori molto in parte sono la protagonista, Mia (interpretata da un'espressiva Sophie Wilde) e da Sue (interpretata invece da una gelida e credibile Miranda Otto), il resto del cast invece non riesce a trasmettere molto nelle loro interpretazioni, così che i loro personaggi appaiono vuoti e stereotipati (difetto che riguarda soprattutto i personaggi di Jade e di Daniel, interpretati rispettivamente da Alexandra Jensen e Otis Dhanji).
Uno dei problemi del film si focalizza sullo sviluppo della storia, che appare forzato, innaturale e poco credibile. Molto spesso, durante la visione, mi sono ritrovato a chiedermi "ma perché?!" di fronte ai comportamenti dei personaggi, come ad esempio quando Daniel decide di accettare di rimanere a dormire a casa di Mia per non lasciarla sola: ma io dico, siete stati insieme, ora tu stai con la sua migliore amica: secondo te cosa potrà mai succedere se rimani a dormire a casa sua? Infatti, anche se in modo orrorifico, accade l'inevitabile.
Ma il problema più grave del film è quello di non farti empatizzare con i personaggi, arrivando a farti sbadigliare anche nelle scene di più alto impatto emotivo: tutta la vicenda, da parte mia, è stata seguita con una noia crescente e solo il finale (anche se confuso) è riuscito a farmi destare un po' dal torpore.
Non voglio essere troppo severo con i registi, visto che questo è il loro primo lungometraggio e hanno tutto il tempo e la stoffa per migliorare, soprattutto perché le idee ce le hanno.
Questo film, comunque, è stato accolto favorevolmente dalla critica e dal pubblico (soprattutto statunitense), perché prepariamoci a vedere un sequel del progetto.
Io ci sarò, sperando che i problemi riscontrati in questa opera prima vengano risolti.
- VOTO: 6,5